Chi ha questo maledetto vizio di leggere sa bene come il tempo a disposizione non sia mai abbastanza. Il desiderio di avvicinarsi a testi sconosciuti, di cui magari si è avuto notizia per puro caso, magari carpendo qualche brandello di conversazione in un bar o durante una cena di lavoro, sembra attanagliare ogni lettore. Chi, vedendo la biblioteca sterminata nella quale si aggirava Umberto Eco, come in un labirinto, non ha desiderato di possedere tutto quel patrimonio intellettuale e di conoscenza di cui il semiologo bolognese era carico?
Si tratta, a ben vedere, di un desiderio fine a se stesso. Infatti personalmente, se avessi a disposizione centinaia di migliaia di libri, superata un’iniziale gioia infantile o brama di possesso, in concreto non saprei che farmene di tutti quei volumi e finirei per leggerne solo una minima parte, limitandomi a spolverare gli altri, senza avere neppure la possibilità di sfogliarli.
Ho oggi poco meno di cinquant’anni e, pur immaginando di non avere d’ora in poi nient’altro da fare che leggere e ipotizzando una biblioteca che potremmo definire normale, volendo indicarne, con l’uso di questo aggettivo, una contenente volumi di mole e complessità variabili, potrei arrivare, credo, a leggere mediamente e nella più rosea delle previsioni, non più di un libro ogni due giorni. Secondo uno studio condotto dalle Nazioni Unite nel 2014, l’aspettativa di vita di un uomo della mia età supera di poco gli ottanta anni. Fatti due conti, nelle condizioni date, non riuscirei a leggere per intero da questo momento in avanti più di cinquemila libri. E gli altri? E tutte le centinaia di migliaia di opere meritevoli che sicuramente esistono e che attendono solo di venir lette? Chi non ha sognato almeno una volta di poter dire, come Stéphane Mallarmé, «La carne è triste, ahimè! e ho letto tutti i libri»?
Oltre a chi lo fa per piacere, ci sono anche professioni che richiedono per loro natura una cultura superiore alla norma e comunque una capacita di approccio alla lettura quasi impossibile da raggiungere. Penso naturalmente a quelli che vengono (o venivano) definiti “studiosi”, con un senso vagamente poetico del termine, ma che poi sono uomini come gli altri e pur avendo, certo, una dedizione particolare nei confronti dello scibile, devono tuttavia conciliare i tempi della lettura con quelli della vita, come ciascuno di noi. Ci sono poi professori universitari, medici, giuristi, insegnati e, insomma, tutti coloro che per lavoro devono continuamente entrare in contatto con conoscenze e normative sempre nuove, che si aggiornano quotidianamente. Credo siano pochi quelli che dopo una giornata di lavoro abbiano il tempo per dedicarsi alla lezione del giorno dopo o all’arringa da tenere in tribunale o alla conferenza da sostenere, senza dover sottrarre momenti importanti alla famiglia, ai figli o al loro gatto.
Ho spesso affrontato questi argomenti con Efrem Santoli.
Efrem Santoli è un inventore che abita nel palazzo di fronte al mio. Nel corso di oltre quaranta anni di attività ha messo insieme una collezione quasi infinita di prototipi che continua a registrare alla SIAE nella speranza di riuscire a venderne qualcuno. Le sue idee sono molto spesso originali e direi bizzarre e sommamente inutili ma non per questo prive di una certa genialità. L’ultima, che è quella che mi interessa particolarmente e che in un certo modo mi sento di poter considerare anche mia, mi sembra davvero brillante e originalissima anche se credo necessiti ancora di test approfonditi sull’uomo, dopo che i primi esperimenti fatti su cavie si sono rivelati non solo innocui (cosa alla quale Efrem Santoli, essendo un fervente animalista, tiene molto), ma anche estremamente incoraggianti. Andiamo comunque per ordine.
Circa un anno fa il mio vicino, che di professione fa il barbiere, affrontando la questione che ho fin qui cercato di riassumere, raccolse le confidenze di un suo cliente, il Professor Tamburri, il quale si lamentava, come spesso capita agli accademici, proprio di ciò che ci interessava, ovvero di non avere tempo sufficiente e un’aspettativa di vita tale da permettergli di leggere tutto ciò che desidera e così poter ampliare la propria già notevole cultura. «A dire il vero – si era confidato Tamburri – tra noi cattedratici esiste anche una specie di agonismo continuo che ci spinge a voler trionfare sugli altri contendenti. È cosa normale che ognuno, quando incrocia un collega (preferibilmente della stessa materia), magari in uno di quei lunghi corridoi della facoltà, si rivolga al primo ignaro passante (o in alternativa finga di avere una telefonata in corso) e a voce insolitamente alta enumeri i libri che sta leggendo o ha appena finito di leggere, decretandone pubblicamente l’assoluta imprescindibilità.»
«Il docente universitario è per sua natura, oltre che vanitoso, anche assai suscettibile e insicuro circa il suo reale valore ed è perciò semplicissimo ferirlo nell’orgoglio. Giunto a casa, se ne lamenterà con la moglie o con la mamma (spesso i più ambiziosi non sono sposati e vivono ancora con i genitori, ormai vecchissimi), che lo consolerà, spronandolo a raccogliere la sfida che gli è stata appena lanciata e a gettarsi a capofitto nella lettura. Si tratta, come è evidente, di un circolo vizioso: il povero professore, già in gran difficoltà per il proprio daffare si troverà sovrastato da una mole aggiuntiva di lavoro e la depressione, solitamente dietro l’angolo, prenderà il sopravvento.».
A seguito di tali confidenze e delle nostre personali riflessioni, il Santoli ed io ci siamo a lungo ingegnati per trovare una soluzione in grado di alleviare le pene del povero docente e di ogni lettore onnivoro. Dopo vari tentativi, tutti fallimentari, Santoli è finalmente giunto ad un prodotto che mi pare molto interessante. Si tratta, per farla breve, di una pomata dai risultati che senza remora definirei sorprendenti. In una confezione delle dimensioni di un comune tubetto di maionese (che deve essere necessariamente consumato in una unica seduta e quindi spremuto fino alla completa fuoriuscita di tutto il suo contenuto), è inserito, secondo una modalità che per ovvie ragioni non posso divulgare, il contenuto di un romanzo in edizione integrale, completo di note, prefazione, postfazione, indici, bibliografia e quant’altro. Ma come si utilizza un simile prodotto? Semplicissimo: prima dell’uso è necessario detergere energicamente l’epidermide in ogni sua parte; la pomata, che ha la consistenza di un gel ed è completamente inodore e incolore dovrà essere applicata su tutto il corpo, massaggiando energicamente, fino al completo assorbimento. Nel giro di pochi minuti (il bugiardino ne indica circa dieci ma di solito non ne occorrono più di sei per un volume sotto le duecento pagine), si avrà la piacevole sensazione di aver letto il libro in oggetto, avendone assimilato concetti e temi come se ci si fosse serviti di metodi tradizionali. Sia ben chiaro che questo non impedisce assolutamente alla persona sottoposta al trattamento di leggere contemporaneamente e in modo tradizionale un altro libro. Anzi, questo è assolutamente auspicabile, in quanto impedisce al paziente la perdita di quello che comunemente si chiama il piacere della lettura. L’uso della pomata, infatti, non crea la gradevole sensazione che prova di solito chi ama la lettura nel momento in cui l’atto si compie. Si avrà infatti solo la sensazione, anch’essa piacevole, ma diversa, di avere già letto il libro e di averlo assimilato in ogni sua parte.
Il disegno è di Silvia Beneforti (grazie!)
Efrem ha adesso allo studio ulteriori formule, più semplici. Infatti la pomata di cui ho parlato, necessita di una certa attenzione. Come ho detto è necessario fare una doccia prima dell’applicazione e nel caso in cui si vogliano fare molte applicazioni nell’arco della giornata, questo può rappresentare un problema. Inoltre il tubetto deve essere interamente spremuto: è capitato che alcuni pazienti, specialmente anziani, abbiano lasciato parte della sostanza all’interno del contenitore e per questo abbiano la fastidiosa sensazione di aver saltato qualche paragrafo qua e là, con risultati evidentemente negativi. Inoltre, se si tratta di opere particolarmente corpose, come l’Ulisse di Joyce o Guerra e Pace di Tolstoj, potrebbero essere necessari due tubetti se non tre e questo renderebbe meno agevole il trattamento (oltre che assai costoso).
Una soluzione è rappresentata sicuramente dalla versione in pillole, molto più pratica. Infatti non è necessario assumere il trattamento a casa (come per la pomata), ma questo può essere fatto anche per strada o addirittura in autobus. Unica precauzione da prendere particolarmente sul serio: alcuni titoli, specie se romanzi, assunti lontano dai pasti possono indurre giramenti di testa e perdite di equilibrio. Non ci sono invece controindicazioni per le donne in stato di gravidanza.
Per quanto riguarda opere che abbiano un numero di pagine particolarmente elevato (penso all’immancabile Alla ricerca del tempo perduto o a quei tomi che raccolgono in sé l’intera opera di scrittori o poeti e che per questo superano spesso e di gran lunga le mille pagine), Efrem Santoli sta lavorando ad una versione in supposte, che potrebbe in un sol colpo risolvere molti problemi.
Sergio Salabelle